giovedì 27 febbraio 2020

Leggo libri, scrivo per me e non sempre e solo di epilessie.


Le piccole librerie chiudono, ora usiamo gli ebook o libri digitali (forse è un bene per i nostri alberi).
Comunque io amo i libri su carta stampata e se sono vecchi libri li adoro ancora di più, odorano di storia, di vita vissuta, di scaffali in legno. A volte ci trovi dentro anche le annotazioni dei vecchi proprietari. Leggi e vedi una antica calligrafia e pensi alla vita di queste persone e ti chiedi perché hanno letto questo libro vecchiardo. Risposte non ve ne sono, solo domande e l'effluvio delle pagine. Bellissimo!
Scribacchio un piccolo racconto, qui, in queste prossime parole la mia epilessia non ha casa:

Era una piccola libreria in via Tadino a Milano, zona stazione centrale.
Entrare era già una guerra, tra i libri impilati a destra e sinistra ti rimaneva mezzo metro. Gli scaffali erano pieni, anzi scoppiavano e quello che rimaneva era sul pavimento e forma torri alte più di te.
Era fantastico entrarci, non vedevi nemmeno il proprietario, sentivi solo la sua voce che ti dava il benvenuto, un saluto caloroso, d'altri tempi. Era il Sig. Mario, incredibilmente tu non lo vedevi ma lui ti diceva “ ciao Davidone”. Ti riconosceva!
Poi ti diceva “ uè, se ghè un quei cos che tinteresa lelà in fund a destra”.
Era un milanesone cresciuto a risotto con l'ossobuco e cassoeula. Il fantastico è che poi quando andavi là in fondo a destra ti rendevi conto che le sue parole ti avevano detto tutto e niente, tanto quando arrivavi era una torre di babele fatta di libri e quindi non ci capivi più nulla, anzi, stavi molto attento a quello che toccavi, rischiavi di rimanerci sotto.
Poi, arrivava lui, che ti dava subito del pirla, a priori, (a Milano è un intercalare del dialetto, non è un'offesa).
Magicamente e inspiegabilmente ti tirava fuori qualche libro che ti poteva interessare, anche vecchi, datati e sporchi. Che personaggio, “il Mario”.
Alla fine della fiera ti stordiva talmente tanto, tra parole e gesti, che un libro lo compravi!
Poi, ricordavi quello che il Mario ti aveva raccontato della sua vita, in special modo di quando era un partigiano a Milano e faceva da portaordini, in una città piena di fascisti e “tugnit”, così chiamava i tedeschi.
Rischiava la vita tutti i giorni, per fare in modo che io e chiunque altro in un futuro prossimo potessimo entrare nella sua libreria e compare il libro che volevamo, senza censure o costrizioni.
Caro Mario, ora ti saluto e ti ringrazio per il tuo coraggio, la tua gentilezza, il tuo essere.
La tua voglia di parlare con la gente che entrava nel tuo negozio anche se non comprava nulla. E' vero, erano altri tempi, ma forse dovremmo ricordarcene tutti e insegnare a chi verrà dopo di noi.

Ciao Mario, ho ancora i tuoi libri.




Nessun commento:

Posta un commento