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mercoledì 12 giugno 2019

Proviamo, meno farmaci e più qualità della vita.



Epilessia. No, iniziamo con la parola giusta: epilessiE.
Si, è così, una parola che affonda le sue radici lontano nel tempi ..
Se pensiamo al passato delle epilessie e a come venivano percepite, giudicate, non comprese e curate, sinceramente è meglio guardare avanti o nel presente.
Tuttavia anche oggi non è così semplice o lineare avere a che fare con questa condizione.
La “mia” epilessia ha avuto il suo esordio nel 2014, avevo 47 anni. Fino a quel momento anni passati “normalmente”: un buon lavoro, un grande amore (che ancora oggi, dopo cinque anni, è al mio fianco e mi sostiene), sport, amici, viaggi. Posso dire senza ombra di dubbio una qualità della vita molto buona.
Poi, arriva lei, la patologia cronica, la malattia maledetta.
Non è stato facile arrivare ad una diagnosi, ma poi alla fine della giostra, dopo numerosi esami, visite, accertamenti vari, eccola lì, la famosa parola “epilessia”, scritta nero su bianco.
Intanto il tempo passava e più scorreva via più la mia patologia diventava grave. Inizialmente, dopo la diagnosi, ho solamente pensato che mi sarebbe bastata la mia terapia per tenere a bada il tutto, ma non è stato così. Un solo farmaco non serviva a tenere sotto controllo le crisi, che con il passare del tempo erano diventate più violente. Allora prendi due farmaci, poi tre, poi quattro. Poi ne togli uno e ne metti un altro, una vera girandola farmacologica, un frullatore..
Peraltro con tutti i problemi sociali che la patologia si porta dietro. Perdi l'indipendenza, l'autonomia, la libertà anche solo di andare a fare la spesa al supermercato. La patente e di conseguenza l'uso della macchina sono sospesi (giustamente). Al lavoro vengo accompagnato, ma anche lì iniziano i problemi. Ho lavorato nell'ambito alberghiero per più di 30 anni, ma con l'epilessia tutto è diventato più difficile. Dopo poche ore mancanza di lucidità, sonnolenza, stanchezza. Nell'ambito lavorativo ero diventato un peso. La perdita del lavoro per me è stato come spararmi ed uccidermi.
Anno dopo anno, ti ritrovi in casa con un caschetto in testa e un frullare di idee infinite ed inutili. In tutto questo c'è anche la tua famiglia che ti vede cambiare, un giorno sei contento, il giorno dopo sei muto. Si susseguono le crisi, i ricoveri in ospedale, le cadute, i tagli, le fratture, le scottature, i traumi cranici e chi ne ha più ne metta.. una triste routine che entra a fare parte della tua vita. Assurdo, se ci pensate.
In cinque anni la malattia mi ha lentamente ma inesorabilmente mangiato il mio “essere”. Questa, badate bene, è solo la mia storia. Fortunatamente non è uguale per tutti, anzi, la maggior parte delle persone affette da epilessia, assumendo la terapia, vive una vita serena e tranquilla.
Io ho capito che la mia vita non sarebbe stata più serena e tranquilla quando, ancora scritto nero su bianco, mi dicono che sono farmacoresistente.
Per quanto mi riguarda quella parola ha voluto dire, tradotto nella vita reale, fare guerra e diventare un combattente. Mettere in campo tutto quello che mi era possibile per contrastare la malattia. E' una guerra mentale, la malattia ti mangia , come detto prima, ti mangia lentamente, quasi non te ne accorgi. Poi un giorno ti svegli e ti rendi conto che nella tua vita ci sono cassetti vuoti, armadi vuoti. Tutti vuoti che sono diventati vittorie della patologia. Eppure tu dici a te stesso che insieme ai medici, alla terapia farmacologica, al tuo voler resistere e combattere la malattia ne hai provate di tutti i colori. Non hai lasciato nulla di intentato, non hai mai sgarrato una pastiglia, non sei un “fai da te della medicina”. Che cosa non ha funzionato? Anzi per meglio dire che cosa non funziona. Come tutte le persone affette da questa malattia sei stato un girovago di ospedali e epilettologi. Ma le risposte erano sempre quelle: “Quello che fai è giusto”. Se è giusto, perché ho le crisi? Che cosa devo cercare di nuovo?
Questa è la domanda che ultimamente mi pongo. Forse è la qualità della mia vita, anzi, per meglio dire la non qualità della mia vita che aiuta la mia patologia? Forse prendo troppi farmaci? Che mi rendono nervoso, addormentato, irascibile..? Forse è il mio isolamento, il mio non fare, il mio non “essere” il Davide che ero?
Ultimamente d'accordo con la mia epilettologa sto tentando un percorso diverso (senza mai scordarsi la terapia farmacologica) e sto lavorando in collaborazione con una psicologa. Potremmo dire un lavoro multidisciplinare. In sostanza credo che vi siano molte lacune che la medicina moderna non è ancora riuscita a colmare, riguardo a procedure terapeutiche, psicologiche e farmacologiche. Mi riferisco alla ricerca che viene condotta sia a livello nazionale che mondiale. Questo credo sia il nostro futuro che porterà alla cura sia delle epilessie ma anche di altre malattie. Seguo molto attentamente quello che viene scoperto e credetemi ogni giorno potete trovare un nuovo articolo che parla di epilessie e nuove cure. Non sono un medico, non posso giudicare ciò che leggo, non ho nessuna competenza in merito, ma il solo leggere o trovare qualcosa di nuovo mi da speranza per le future generazioni.
Vivere la mia epilessia e non sopravvivere ad essa, magari togliendo anche qualche farmaco. Un lavoro lungo, difficile. Piccoli passi e piccoli traguardi da raggiungere che magari ti possono togliere una mezza pastiglia qua e là. Io non conosco come andrà a finire questo iter clinico, ma sicuramente mi piace. Sono consapevole della mia patologia, sono consapevole che non potrà sparire. A dire il vero mi sono sempre chiesto come mai quando ad una persona in età adulta viene diagnosticata la malattia non venga affiancato uno psicologo o almeno venga proposto. Fate attenzione però, non è chi ha la malattia che si accorge di avere bisogno di un aiuto psicologico, solitamente sono i famigliari. A mio avviso basterebbe, a volte, dipende sempre dal quadro clinico, uno psicologo che con molta semplicità ti da un indirizzo o un numero telefonico dove tu puoi appoggiarti semplicemente ad un gruppo di mutuo auto-aiuto (serio ) e/o una associazione.
Anche solo questo è uno di quei famosi piccoli passi che possono aiutare. Io scrivo piccoli, ma credetemi sono giganteschi.
Tutte queste parole sembrano un'equazione di Einstein:

Qualche medicina in meno + qualche parola in più = una qualità della vita migliore.



lunedì 29 aprile 2019

MAI SOLI





Questo quadro è intitolato “La solitudine”. E' un bellissimo dipinto di Antonio Fontanesi, ora in mostra ai Musei Civici di Reggio Emilia, insieme ad altre sue opere.
Mi sono soffermato a lungo di fronte a questa opera e ho tentato di inserirla nella mia vita quotidiana, vita che passo con la mia epilessia. Naturalmente la solitudine NON deve fare parte della nostra vita trascorsa giornalmente con la nostra patologia. Sarebbe un grave errore lasciare che la solitudine in tutte le sue forme intacchi la nostra vita. Questo non è facile, anzi la malattia ti porta ad isolarti, specialmente se la tua epilessia a volte è dannatamente “furiosa”.
Posso affermare questo con cognizione di causa. Ammirando l'opera di Fontanesi mi sono ricordato quante volte la solitudine mi ha tolto l'anima e lo spirito combattivo che serve contro questa patologia. Mi ha anche ricordato quante volte la medesima solitudine è servita per combattere questo stato mentale che è assolutamente deleterio per chi conosce sulla sua pelle l'epilessia.
Ci sono le cure mediche, i nostri famigliari, che spesso ancora prima di noi si accorgono della nostra solitudine. Abbiamo amici. Abbiamo anche persone che non capiscono o non vogliono capire la nostra patologia. E' tutta una grande giostra di emozioni positive e negative, è la nostra vita e diventa anche la vita di chi vive intorno a noi. Non dobbiamo mai dimenticare questo e dobbiamo fare in modo che la solitudine stia fuori dalle nostre case. La solitudine ci mangia vivi e nemmeno ce ne accorgiamo. Forse, ogni tanto, è bene fermarsi e riflettere, capire, arrabbiarci e poi tornare a vivere senza se e senza ma, con la nostra patologia.
Tutto quello che ho scritto è a volte dannatamente difficoltoso, problematico, ostico. Una vera e propria montagna da scalare. Ognuno di noi ha la sua personale montagna. Scalatela, anche a piccoli passi, ma arrivate in cima. Forse potrete arrivare sulla vetta anche da SOLI e quando guarderete in basso, là vedrete la vostra solitudine, quella da sconfiggere. Questa volta NON è riuscita a starvi dietro, questa volta avete vinto VOI.


giovedì 14 marzo 2019

LUCI & OMBRE


Ecco quello che sono, non capisco mai con la mia epilessia da che parte vado. Forse entrambe le zone? Mi piacerebbe essere il Caravaggio della situazione e usare la luce a mio piacimento. Ma spesso questo non è possibile, sulla tavolozza i colori che compongono il quadro sono già pronti.
Sono consapevole di questo, ogni giorno, settimana o mese. Misurazioni del tempo che passa. Valutazioni di quello che è successo, valutazioni del tuo presente. Speranze per il futuro? Tante, mai perse, mai abbandonate e cercate. Nuovi sentieri, nuove vie, nuove strade. Un girovagare infinito per trovare il MIO dipinto. Quello che più mi piace, quello che mi riempirà cassetti vuoti, armadi vuoti. Una volta ricolmi e poi lentamente svuotati dalla malattia. Crateri che la patologia forma, plasma e modella a suo piacimento. E' ora di riempirli, forse non più con le vecchie cose, non importa! Ne troverò di nuove.
Non posso più aspettare, devo muovermi.


lunedì 11 febbraio 2019

CHE DISASTRO I MIEI PRIMI DUE ANNI




Ora ne sono passati 5
Epilessia!
Da me non veniva neanche considerata una malattia.
Si certo prendevo delle medicine e la storia era chiusa per me.
Ma i giorni e i mesi passavano e tutto peggiorava.
Ma io non ne volevo sapere.
Più peggiorava la malattia più peggiorava Davide nella sua “non accettazione”.
Crisi con perdita totale di coscienza, convulsioni, ma io guidavo.
Guidavo per recarmi al lavoro.
Follia pura, senza se, senza ma.
Follia, schizofrenia, pazzia: quadri clinici ben precisi.
Io non rientravo in nulla di tutto ciò, era orgoglio e cecità assoluta.
Due anni senza nessun rispetto di chi ti vuole ancora bene.
Due anni senza rispetto della tua vita.
Due anni senza rispettare anche la vita di chi vive in questo mondo insieme a te.
La guida, solo uno dei tanti esempi che potrei citare.
Ora quei periodi sono passati.
Ma da parte mia c'è ancora molto su cui lavorare.
Spero di riuscire.


lunedì 31 dicembre 2018

IL GIGANTE del 365° giorno

Tanti anni fa, in un piccolo paese, viveva il gigante. Era chiamato da tutti in questo modo perché era un uomo fisicamente imponente ed era rispettato da tutti.
Faceva un lavoro umile, il fabbro, ma con il passare del tempo era diventato anche un punto fermo della società, un uomo di sani principi, onesto, lavoratore.
Tutta la gente del paese e anche della valle ascoltavano sempre le sue parole, era dotato di una umanità ed intelligenza fuori dal comune. In qualsiasi disputa veniva sempre chiesto un suo parere e la sua ragione.
La vita era stata dura con lui, una epidemia si portò via tutta la sua amata famiglia e il dolore viveva sempre nei suoi occhi.
Ma nonostante questo si era imposto di vivere per il bene di altri.
Il suo aiuto ai più poveri e miserevoli, ai bisognosi, non mancava mai nella visione della sua vita, diceva sempre che il suo denaro era il denaro di tutti.
Era il "gigante" non più per il suo fisico ma per le sue azioni e per la sua grande umanità.
Ma poi, un giorno, anche lui si ammalò, era una malattia strana, nessuno conosceva veramente questa malattia, era una malattia che faceva paura, una malattia antica, una malattia che poi per l'intero paese e tutta la valle era diventata "il tocco del diavolo".
Il tempo passava e lui non era più il gigante, era l'indemoniato. Tutto quello che era, il suo essere, è stato cancellato e la sua bontà, l'altruismo, la costante volontà di aiutare i più bisognosi erano finiti nel pentolone del "peccato".
Lentamente è stato emarginato e dimenticato da tutti, anche dalle persone che in passato avevano assaporato la sua grande umanità.
Ma lui non è mai cambiato, nonostante tutto è rimasto il gigante che era e credeva ancora in tutto quello che era prima della malattia.
Ma le persone e il mondo possono essere cattivi e non credevano più. Lui non era più da considerare e tutti lo hanno abbandonato.
La leggenda racconta che in una bellissima mattina invernale il grande uomo si incamminò piangendo verso i boschi e le grandi montagne, dove nessuno osava andare e non se ne ebbero più notizie per molti anni.
Ma più il tempo passava e più si ascoltavano tante storie diverse, raccontate da chi osava inoltrarsi, prima nei grandi boschi e poi su, per vette inaccessibili
La sua leggenda fa eco in queste grandi montagne, tutti dicono che le fate dei boschi e delle montagne fecero un grande regalo al gigante, gli regalarono l'immortalità. Molte persone nel passato hanno tentato di attraversare i boschi e scalare le grandi montagne, spesso si sono trovate in difficoltà e giurano che un gigante è venuto in loro soccorso e tutti raccontano di questo incontro meraviglioso, ricordano quanto fosse forte e gentile, ricordano il profumo dell'aria che respiravano ed era tutta una magia di infinita bontà. Ma ricordano anche i suoi occhi e il suo dolore, che vi si rispecchiava dentro.
Ora: dicono che l'uomo ha emarginato, offeso e deluso il gigante.
Ma la nostra storia ci dice che lui crede ancora nell'uomo, non importa quello che ha subito.
Ai giorni nostri i suoi boschi e le sue montagne non sono più inaccessibili, ci sono strade, esistono sentieri, ci sono guide e ogni anno migliaia di persone camminano su questi sentieri e scalano le sue montagne.
Tutti vogliono incontrare una leggenda, uno spirito libero, un uomo buono, un uomo giusto.
Potete andare anche voi, il gigante è sempre là e se avete bisogno sarà sempre al vostro fianco.
Durante la notte dell'ultimo dell'anno tantissime persone seguono i sentieri delle grandi montagne. Spesso i bambini incontrano il gigante, il gigante crede ancora nei bambini e lui con occhi luminosi crede ancora in loro, forse un giorno saranno bambini diventati uomini cattivi oppure bambini diventati uomini buoni, al servizio dei più deboli. Lui non potrà mai sapere cosa o chi diventeranno ma augurerà un felice nuovo anno a tutti loro.

Davide Oldani

mercoledì 18 luglio 2018

CHI E' FOLLE?

Buongiorno, lei conosce il motivo del suo internato? Riesce a spiegarselo?
Buongiorno a lei dottore, io sono qui, anzi io sono venuto qui, perché vengo chiamato “Al matt”, forse vengo chiamato in questo modo perché sono sporco, perché non parlo con le persone per giorni o settimane, sono il matto che vive in una capanna nel bosco, vivo di caccia e pesca, faccio qualche miserevole lavoro per poche lire e dipingo quadri, ogni tanto riesco a venderne qualcuno sempre per poche lire. Io sono in questo posto per questi motivi. Sono ragioni che non piacciono alla vostra società, io sono per la società da voi costruita emarginato e folle.

venerdì 1 giugno 2018

Un grido di dolore che anela alla libertà

Sono uscito dall'ospedale dopo quasi tre settimane, la mia epilessia era diventata furiosa, ora sono tornato e sarò più combattivo di prima. 

Ma oggi non voglio scrivere della mia malattia, ma voglio parlarvi del mio compagno di stanza, ha 60

lunedì 27 novembre 2017

Quando perdi, non perdere la lezione.




"Quando perdi, non perdere la lezione". 

Sono delle bellissime parole scritte dal Dalai Lama.

Nei mie precedenti post ho sempre scritto che l'epilessia va combattuta su tutti i fronti e con tutti i mezzi a nostra disposizione. Che dobbiamo diventare guerrieri.

giovedì 26 ottobre 2017

Epilessia e vita sentimentale


L'amore è grandezza
se è amore vero  viene da tutte le direzioni  e sarà una grande forza per Te

Non importa chi ti dona il suo amore, uomo o donna che sia è un grande regalo, non sprecarlo

E' la natura indigena dell'anima, è l'unica risposta sana al problema dell'esistenza umana.
Ti guarisce e aiuta il tuo essere, "ascoltalo"!

Non è un binario con una sola destinazione, non sfruttarlo

Di tutte le passioni è il più forte, aggredisce cuore e sensi, accettalo e condividilo

Insieme alla tua anima vuole combattere miseria umana e malattie

La tua malattia è misera per chi ti guarda con gli occhi dell'amore

Ricorda, l'amore può anche essere terribile, trasformarsi in cattiveria e poi odio

Non sempre riconosciamo l'amore donato, la nostra anima si è incattivita e tutto è buio e senza speranza, ma Lui o Lei sono al tuo fianco

Ore, giorni, anni, il tempo corre, ma Tu e il tuo amore siete sempre con me, conosco il tuo dono, non diventerà mai una vecchia fotografia ingiallita, sarà sempre vivido, brillante, colorato, Ti vedo, Ti sento, Ti ascolto, che grande regalo, immenso ed unico, Grazie.

Un semplice grazie forse scontato? non per me, in queste sei lettere c'è tutto.










martedì 3 ottobre 2017

Epilessia e Sport

Per ogni individuo, lo sport è una possibile fonte di miglioramento interiore. 
Pierre de Coubertin


Avere l'opportunità di partecipare ad attività sportive è importante per tutti, i benefici che il nostro corpo ne trae sono a conoscenza di tutti.

Che cosa ci dice il nostro neurologo?

A mio parere i medici dovrebbero incoraggiare a partecipare ad attività sportive per migliorare la nostra forma fisica, l'autostima e l'integrazione sociale. Naturalmente il medico deve conoscere la storia medica del paziente, avere una buona visione dei diversi tipi di sport e poter giudicare il ruolo e la funzione dello sport più adatto.

Sicuramente ci sono molti sport che necessitano di una supervisione da parte di formatori qualificati, allenatori o volontari che ci seguono passo passo durante i nostri allenamenti; detto questo poi interviene il nostro buon senso, che non deve mai mancare.

Alla luce di ciò sicuramente nasce una domanda: quale è lo sport migliore per chi è affetto dalla nostra patologia? Impossibile darsi una risposta, credo la via migliore sia provare, trovare persone intelligenti al quale hai spiegato il tuo problema e che ti danno la possibilità di praticare.

Di seguito potete leggere una testimonianza di Salvatore Antibo:


"Ciao sono Salvatore Antibo non so se mi conoscete ,ho avuto la prima crisi epilettica ai mondiali di Tokyo, diciamo che sono arrivato a quel mondiale come il favorito, quell'anno avevo vinto tutti i meeting, e tentavo il primato ,ricordo che eravamo rimasti in 4 ,keniani e etiopi,giravamo da primato ,poi il buio mi ritrovo ultimo ,continuo a correre a ritmo di allenamento, non. capivo il perché da primo mi ritrovavo ultimo,per rispetto agli altri atleti ho terminato. la gara ultimo.Dopo migliaia di giornalisti a chiedermi cosa fosse successo....dopo tanti controlli il responso epilessia a focolaio con secondaria generalizzazione.Tutti mi dicevano di non dichiarare la malattia ma io ho scelto di dire la verità andando in contro a tanti problemi ,la non idoneità a correre (poi concessa a patto di curarmi con i farmaci) sono riuscito ad arrivare 4 alle Olimpiadi di Barcellona, l'anno dopo 12 ai Mondiali , ma non ero più io ,tutti quelli che mi arrivavano davanti li avevo sempre battuti, così ho deciso di ritirarmi dallo sport agonistico! !Oggi continuo a combattere questo male ma soprattutto con l'ignoranza della società".

Un professionista dell'atletica mondiale che ha deciso di non nascondere il suo problema e di proseguire nel suo cammino da sportivo alla luce del sole.

Andre Agassi diceva dello sport: "E' uno specchio formidabile, ma solo se non ti travesti e mostri la tua vulnerabilità".




sabato 26 agosto 2017

Epilessia, lavoro e vita sociale


Già.. Molto difficile questo argomento, tasto dolente.
Dopo la diagnosi di epilessia inutile dire che la mia vita lavorativa è dapprima cambiata molto.. e poi è finita.. almeno per ora. All'inizio, non potendo più guidare la macchina (la guida è tuttora un miraggio, per me), dovevo essere accompagnato sul posto di lavoro. Naturalmente nel mio caso chi mi accompagnava lo faceva volentieri, ma questa mancanza di autonomia dentro di me era vissuta come una sconfitta.
Iniziando la terapia farmacologica, gli effetti collaterali dell'unico medicinale che allora assumevo hanno cominciato a farsi sentire durante le ore di lavoro: stanchezza, sonnolenza e calo della concentrazione. Io comunque proseguivo imperterrito; era un lavoro che facevo da 30 anni e la mia testa non voleva accettare queste difficoltà.
Con il passare dei mesi la terapia è diventata sempre più pesante (essendo farmaco-resistente occorreva aumentare dosaggi e farmaci), ma io proseguivo. Poi mi sono reso conto che attività che svolgevo da anni senza alcuna difficoltà e senza neanche pensarci troppo cominciavano invece ad essere un problema e la mia capacità di concentrazione calava in maniera preoccupante dopo soltanto poche ore di lavoro.
A questo punto è intervenuto il datore di lavoro e di comune accordo abbiamo ridotto a 6 ore la giornata lavorativa. Mi è sempre piaciuto il mio lavoro e allo stesso tempo ero anche professionalmente stimato da chi lavorava con me, colleghi che giornalmente erano presenti e mi hanno sostenuto moltissimo aiutandomi in ogni mia difficoltà, (è anche doveroso ringraziare il mio datore di lavoro poiché si è sforzato di comprendere cosa volesse dire essere epilettico, anche a livello sociale - e questo non è poco).
Purtroppo la mia epilessia è andata sempre più aggravandosi ed ero diventato un problema, pertanto io di mia iniziativa ho deciso di lasciare il mio posto di lavoro. Un colpo duro, sicuramente. Ma mi sono detto: devo combattere.
Socialmente tutto è diventato difficile. La perdita del lavoro, l'autonomia e il malessere prodotto dagli effetti collaterali dei farmaci o dalle crisi epilettiche trasformano la quotidianità in un percorso ad ostacoli faticoso. Banalmente anche solo andare al supermercato o uscire a mangiare una pizza con gli amici a volte comportano uno sforzo fisico e mentale notevole.
Non voglio dire che l'epilessia ha rovinato la mia vita, ma sicuramente l'ha cambiata e non di certo in meglio (benché mi renda conto che ci sono altre patologie anche più gravi della mia). In questo cambiamento, io epilettico devo cercare di trovare la giusta misura per condurre nonostante tutto una vita sociale e lavorativa accettabile e raggiungere un giusto compromesso per poter vivere insieme agli altri e con gli altri. Non facile, ma non impossibile.
A febbraio mi sono iscritto a Facebook, cosa che prima non mi sarebbe mai passata per la testa. Qui ho trovato gruppi socialmente impegnati nel far conoscere la nostra patologia, gruppi di sostegno o semplicemente pagine aperte da chi è epilettico. In questo mondo multimediale ho letto di casi di tutti i tipi: persone che non accettavano la propria patologia, altre che l'hanno accettata o semplicemente persone che esternavano i propri pensieri o stati d'animo e raccontavano la propria vita quotidiana/lavorativa.
Un mondo, passatemi la parola, “epilettico”, fatto di cose belle, brutte, difficili, strane e anche fatto di esami clinici, ricoveri, terapie e speranza. Il nostro mondo, insomma.
Ora sono consapevole che il mio prossimo posto di lavoro dovrà essere raggiungibile da me con i mezzi pubblici, forse dovrà essere un lavoro poco stressante, un part-time, forse troverò dei colleghi poco illuminati, non lo so, prima tutto questo mi faceva incazzare, ora non è più così, conosco la mia malattia e i limiti che può imporre, bisogna combattere e conviverci.  “Combattere e convivere”: due parole che potrebbero sembrare spesso incompatibili, ma io ho cambiato le carte in tavola ed ho imparato a farle convivere.

MANTIENI VIVA LA TUA VITA, CAPIRE DI OTTENERE QUALCOSA, IL DURO LAVORO, LA DETERMINAZIONE, LA PERSEVERANZA E LA DEDIZIONE RICHIEDONO FEDE IN TE STESSO.
Io voglio essere così, anzi, lo sono.

Davide

sabato 17 giugno 2017

EPILESSIA, FAMIGLIA e AMICI



Noi epilettici accettato la nostra patologia siamo molto determinati nel combatterla , è una malattia sfuggente difficile da vedere o capire da chi NON ne è affetto, poi arriva, si ripresenta.

In un certo senso noi siamo quasi “ abituati “ al buio che ci attende , alla sensazione di un vuoto senza luce e colori (questo è quello che provo io) poi lentamente tutto ricomincia a rientrare nella normalità ( passatemi il termine ), scopri e vedi i volti di chi ti sta vicino, anche dopo tanto tempo che ti seguono e sanno come gestirti sono volti che ti fanno coraggio ma nello stesso tempo capisci che la paura è tornata, in pochi minuti ritornano alle prime crisi e al NON conoscere ciò che si presentava davanti a loro. MA SONO CON TE.

A volte ho come l'impressione che io rendo più forti loro.
Secondo me è come il famoso cane che si morde la coda: io epilettico non ho paura e rendo te più forte , tu sei più forte e rendi me epilettico ancora più forte, è quasi una frase senza senso!
Io è solo 3 anni che soffro di questa patologia, in questi 3 anni tutti i mie famigliari , amici o semplicemente conoscenti si sono impegnati nel conoscere è capire la parola Epilessia, spesso dovendo fare i conti direttamente sul campo ( come in guerra ) durante le mie crisi.
Allo stesso modo io ho imparato a combattere.

Quando ti trovi con persone che non conoscono la nostra patologia è molto complicato per loro capire a livello medico e sociale quali sono i nostri problemi, posso anche capirli , ma parli di un qualcosa che è quasi astratto e rimangono ammutoliti di quanto cambia la tua vita.
Allora intuiscono ma non capiscono che tutto quello che per loro è quotidianità per noi diventa un traguardo da raggiungere e spesso con molta fatica .

Dobbiamo fare i conti quotidianamente a livello medico/ sociale con la nostra patologia convivere con gli effetti collaterali dei medicinali che assumiamo, rialzarci dopo ogni crisi ed accorgersi che sei stanchissimo ,  i muscoli di tutto il corpo fanno male, capire e non capire subito la realtà che ti circonda, una stanchezza infinita. Ma i tuo famigliari o amici sono con te , GRAZIE.
Ma noi andiamo avanti e tenti di saltare tutti gli ostacoli che l'epilessia impone , a volte sono ostacoli non molto alti a volte sono dei muri , I MURI DELLA GENTE IGNORANTE CHE CI VEDE COME MUTANTI .

La nostra è una vita difficile a volte fatta solo di ospedali , esami, medicine, ricoveri. ( qui è doveroso ringraziare chi ci segue ) .
E' fatta di giornate buie che già iniziano nel buio della notte e proseguono per tutta la giornata, sono le giornate dove pensi che la tua Epilessia vince la guerra contro di te , ma ( almeno per quello che mi riguarda non è così ) allora ti rialzi conosci la tua patologia è subdola , impalpabile, sfuggente e vuoi vincere, ( non è facile, per niente facile ), io l'Epilessia la vedo come una persona non gradita che viene a trovarti a casa tua e spesso per buttarla fuori la devi prendere a MUSO DURO.

E poi ci sono anche le belle giornate di sole , colorate e luminose, sono le giornate dove fai benzina ti armi e aspetti quelle buie.
Sono consapevole che ci sono altre situazioni più facili e più difficili ma questo è quello che provo io, non siamo tutti uguali ed ognuno reagisce diversamente . Ma questo è quanto. IO e la MIA EPILESSIA.


Davide

Racconto presente su Blog Uniti Contro l'Epilessia

venerdì 16 giugno 2017

ARTE ED EPILESSIA

Wow!  Questa è una materia difficile e complicata .. basta cercare su internet e di esempi di famosi epilettici della storia ne troviamo pagine intere. 
Tuttavia vorrei spostare l'attenzione sulla mia situazione di epilettico appassionato di arte (anche perchè sarebbe impossibile parlarne a 360°).

Qual è l'arte che più mi interessa e mi incuriosisce? La Pittura e la Fotografia.

martedì 13 giugno 2017

La prima riunione AEER

Domenica 11 ho partecipato alla prima riunione AEER (Associazione Epilessia Emilia Romagna).

Il tema del pranzo benefico era raccogliere fondi per il progetto  “ Parole in Corso “  un laboratorio di logopedia per bambini epilettici.

L'incontro è stato ben organizzato e la partecipazione numerosa, è stato un ritrovarsi insieme per scambiare due parole e conoscersi, perché è stato bello?

sabato 13 maggio 2017

Piccola Lettera

Il peso
Il 12 Aprile, 3 anni fa mi e stata diagnosticata l'Epilessia.


In questi 3 anni la mia vita è cambiata molto, primo ho dovuto capire che cosa significa la parola EPILESSIA, ne sentivo parlare, ma forse, come tutti, temevo ma non conoscevo questa patologia.
Come è cambiata la mia vita?